Le imprese chimiche estere investono, producono e crescono in Italia

22 ottobre 2018
Lo confermano i risultati dello studio "Il ruolo delle imprese chimiche italiane a capitale estero" realizzato dal Centro Studi di  Federchimica.

Le imprese a capitale estero occupano circa il 30% degli addetti totali del settore e realizzano in Italia un valore della produzione che sfiora i 20 miliardi di euro. 
Di questi quasi 13 miliardi, oltre il 60% e, in molti casi più del 75%, sono destinati all’export: lo stereotipo delle aziende straniere che aprono qui una sede solo per soddisfare il mercato italiano non rappresenta il nostro settore.  

Il confronto con i dati rilevati dallo stesso studio 10 anni fa evidenzia che la crisi non ha ridimensionato la presenza estera, proprio grazie a un forte processo di specializzazione che ha reso gli impianti italiani sempre più orientati all’export.
Sono aziende radicate sul territorio, molte anche da più di 25 anni, si sentono e si comportano come aziende italiane.  
Con una produttività del lavoro pari a oltre il doppio della media manifatturiera, queste imprese spesso rappresentano punte di eccellenza di un settore tra i più avanzati su questo fronte.

Molte di queste società fanno ricerca in Italia: ogni anno investono in R&D circa 170 milioni di euro.  Il 69% svolge in Italia  attività di ricerca strategiche per tutto il Gruppo  e in alcune specializzazioni  l’Italia è addirittura il centro di eccellenza mondiale.
Oltre all'impegno nella ricerca, ogni anno queste aziende investono negli stabilimenti italiani 550 milioni di euro e 276 milioni in salute, sicurezza e ambiente: ciò significa che investono per il futuro e la competitività del Paese. 

La forte presenza delle imprese a capitale estero dimostra che l’Italia mantiene nella chimica importanti fattori di competitività.
Dall'indagine emerge che il punto di forza principale sono le risorse umane, apprezzate per competenze chimiche e capacità manageriali di eccellenza, buon rapporto qualità-costo, soprattutto con riferimento alle figure più qualificate e ai giovani, creatività, che si traduce in capacità di trovare soluzioni concrete di fronte alle difficoltà, elevata disponibilità in termini temporali, doti di flessibilità, a livello di singolo, ma anche di organizzazione nel suo complesso.
Ed è proprio nel settore occupazionale che le imprese estere portano altro valore all'Italia: sono 31.500 gli addetti, 100.000 considerando l’indotto.  

Un altro fattore di attrattività per un settore, come la chimica, votato all'innovazione è la possibilità di operare all'interno di un sistema industriale unico, ricco di PMI e con filiere tra le più avanzate al mondo.

Lo studio evidenzia anche le criticità di sistema con le quali le imprese devono confrontarsi, prima fra tutte la burocrazia.
Infatti, anche se le normative sono definite sempre più a livello europeo, gli interlocutori si sono moltiplicati e non sempre mostrano un adeguato coordinamento. Tra i fattori più critici anche il sistema fiscale, non tanto per la sua onerosità quanto per i continui cambiamenti e l’incertezza del diritto, che condizionano pesantemente la valutazione del ritorno degli investimenti. 

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