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L'INDUSTRIA CHIMICA IN CIFRE

Dati e analisi per conoscere meglio l'industria chimica

L'obiettivo è rendere disponibili, in modo semplice, le informazioni necessarie per la comprensione delle problematiche dell'industria chimica, del suo ruolo e dei suoi trend evolutivi nel mondo e in Italia. Ogni sezione tratta un argomento specifico accompagnando al testo alcune tavole.

Tante imprese chimiche fanno ricerca in Italia


In Italia la chimica è tra i settori con la più diffusa presenza di imprese innovative (89%) e – diversamente da altri comparti – l’innovazione si basa sulla ricerca.

In effetti l’industria chimica è il primo settore – insieme alla farmaceutica – in termini di quota di imprese che svolgono attività di R&S (60%).

La ricerca, infatti, non coinvolge solo le realtà più grandi, ma anche tante PMI.

In ambito europeo l’Italia è il secondo Paese, dopo la Germania, per numero di imprese chimiche attive nella ricerca, oltre 980.

Nella chimica l’innovazione non è solo di processo (84% delle imprese) – comunque molto importante per migliorare l’efficienza, ridurre i costi e l’impatto sull’ambiente – ma anche di prodotto (68% a fronte del 40% della media manifatturiera). Per questo, i beni intermedi che la chimica offre ai settori clienti trasferiscono all’intera filiera i contenuti tecnologici frutto della ricerca. 

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Ogni anno la chimica investe sul territorio nazionale oltre 640 milioni di euro in R&S, con un’incidenza sul valore aggiunto superiore al 5%. Le spese di innovazione superano i 900 milioni di euro (il 7,7% del valore aggiunto). Gli addetti dedicati alla ricerca sono quasi 9.000, con una quota sull’occupazione chimica complessiva pari al 7,9% a fronte del 5,2% della media manifatturiera.

La maggiore intensità di ricerca trova riscontro anche nella copertura brevettuale: il 12% delle imprese chimiche ha depositato domande di brevetto - a fronte di una media manifatturiera pari all’8% - e oltre il 15% dei  brevetti nazionali depositati allo European Patent Office riguarda tecnologie chimiche (anno 2019).

L’Italia, inoltre, è ben posizionata nella chimica da biomasse, dove sono presenti imprese nazionali tecnologicamente all’avanguardia e dotate di rilevanti capacità di ricerca e investimento. Sul territorio nazionale sono presenti impianti flagship, cioè i primi al mondo per determinate tecnologie. Il cluster SPRING (Cluster Tecnologico Nazionale della Chimica Verde, di cui Federchimica è tra i soci fondatori) è un esempio virtuoso di interazione efficace e altamente qualificata tra ricerca pubblica e privata ed è riconosciuto dal MIUR come il più importante strumento per lo sviluppo della bioeconomia nel nostro Paese.

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Il confronto con i principali concorrenti europei evidenzia alcune criticità sul fronte della ricerca chimica in Italia.

L’incidenza delle spese di R&S sul fatturato (1,3%) è al di sotto della media europea (2,1%), in particolare risulta più contenuta rispetto a Germania e Francia. Inoltre, la quota di imprese impegnate nella ricerca in modo continuativo (72%) è più limitata.

In Italia anche la propensione a brevettare tende ad essere minore rispetto agli altri principali Paesi europei: nell’area tecnologica della chimica, a fronte di 5 brevetti ogni 1.000 addetti in Italia, ve ne sono 2 in Spagna ma 10 in Francia e in Germania (dati 2019).

La presenza di numerose PMI spiega una parte consistente di questo divario, in quanto l’assenza di massa critica limita la capacità di investire in modo continuativo e strutturato nella ricerca e nella protezione brevettuale.

Senza dubbio il vincolo dimensionale condiziona la disponibilità di risorse finanziarie, strumentazioni e competenze adeguate, ma talvolta si associa anche al mancato riconoscimento della centralità strategica della ricerca.

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