A dispetto di un’immagine stereotipata dell’industria italiana come poco orientata alla ricerca, ogni anno la chimica investe sul territorio nazionale oltre 630 milioni di euro in R&S, con un’incidenza sul valore aggiunto superiore al 5%. Le spese complessive di innovazione superano gli 880 milioni di euro (il 7,5% del valore aggiunto). Gli addetti dedicati alla ricerca sono quasi 9.000, con una quota sull’occupazione chimica complessiva pari all’8,1% a fronte del 5,4% della media manifatturiera.
Questa maggiore intensità di ricerca trova riscontro anche nella copertura brevettuale: il 12% delle imprese chimiche ha depositato domande di brevetto - a fronte di una media manifatturiera pari all’8% - e oltre il 15% di tutti i brevetti nazionali depositati allo European Patent Office riguarda tecnologie chimiche (anno 2019).
L’Italia, inoltre, è ben posizionata in un ambito di frontiera come la chimica da biomasse, dove sono presenti imprese nazionali tecnologicamente all’avanguardia e dotate di rilevanti capacità di ricerca e investimento.
Sul territorio nazionale si stanno realizzando tra i più rilevanti investimenti a livello mondiale e sono presenti impianti flagship, cioè i primi al mondo per determinate tecnologie. Il cluster SPRING (Cluster Tecnologico Nazionale della Chimica Verde, di cui Federchimica è tra i soci fondatori) è un esempio virtuoso di interazione efficace e altamente qualificata tra ricerca pubblica e privata. Riunisce, infatti, gli attori della ricerca pubblica e privata ed è riconosciuto dal MIUR come il più importante strumento per lo sviluppo della bioeconomia nel nostro Paese.
