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L'INDUSTRIA CHIMICA IN CIFRE

Dati e analisi per conoscere meglio l'industria chimica

L'obiettivo è rendere disponibili, in modo semplice, le informazioni necessarie per la comprensione delle problematiche dell'industria chimica, del suo ruolo e dei suoi trend evolutivi nel mondo e in Italia. Ogni sezione tratta un argomento specifico accompagnando al testo alcune tavole.

Il ruolo e le sfide per l'industria chimica in Europa

A livello europeo, l’industria chimica è il quinto settore manifatturiero e si integra in una gamma diversificata e complessa di catene del valore producendo oltre 70.000 prodotti.

La chimica europea impiega oltre 1,2 milioni di addetti in forma diretta attraverso circa 31.000 aziende. I posti di lavoro indiretti legati al settore sono circa 3 volte superiori. In tal modo il settore chimico contribuisce in maniera importante al benessere sociale europeo. Considerando l’indotto, si stima che 3,6 milioni di lavoratori in Europa abbiano un impiego collegato alla chimica.

L’industria chimica europea rappresenta un elemento chiave per mantenere una base industriale forte in Europa in quanto fornisce soluzioni tecnologiche innovative a tutti i settori utilizzatori, contribuendo in modo determinante anche alla loro sostenibilità. Per l’Italia questo aspetto è di particolare rilevanza in quanto rappresenta la seconda economia manifatturiera in Europa.

La chimica – intesa non solo come settore, ma anche come tecnologia abilitante – dovrebbe essere al centro della nuova politica industriale europea. Il Piano d’Azione europeo per l’industria chimica rappresenta un segnale nella giusta direzione e risultano apprezzabili le iniziative di semplificazione. Tuttavia, risorse e obbiettivi ambientali dovrebbero assicurare che la transizione ambientale proceda di pari passo con la riconversione industriale. 

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L’industria chimica europea ha generato nel 2024 un fatturato di oltre 635 miliardi di euro.

L’Italia è il terzo produttore chimico europeo (dopo Germania e Francia) e il decimo a livello mondiale.

L’industria chimica è fortemente interconnessa a livello europeo e per molte imprese attive in Italia l’Europa rappresenta, di fatto, il mercato “domestico”.

La competitività del settore è significativamente condizionata dal sistema normativo (soprattutto in materia di sicurezza, salute e ambiente) e dalla politica energetica, aspetti sui quali il ruolo delle Istituzioni europee è sempre più importante. L’80% della legislazione nazionale – come evidenziato dal Rapporto sul Mercato Unico “Much More than a Market” di Enrico Letta – dipende da decisioni prese nelle sedi istituzionali europee.

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L’industria chimica europea è fortemente integrata nel commercio mondiale sia per l’approvvigionamento delle materie prime, sia per la destinazione dei suoi prodotti. Risente, di conseguenza, in modo rilevante di barriere commerciali, perturbazioni nelle catene di fornitura e divari di competitività.

Più del 34% delle vendite del settore chimico europeo nel 2024 è stato generato da esportazioni verso paesi extra-UE, crescendo di circa 12 punti percentuali rispetto al 2014. In particolare, gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato di sbocco per i prodotti chimici europei al di fuori dell’UE con circa 41 miliardi di export, mentre la Cina è il primo paese di provenienza dell’import con circa 33 miliardi di euro.

La spinta protezionistica alimentata dall’Amministrazione statunitense nelle relazioni commerciali, anche nei confronti dell’UE, potrebbe portare a una riorganizzazione delle catene del valore anche per il settore chimico, con rischi in termini di efficienza produttiva.

In un contesto di concorrenza intensa e talvolta sleale, si stima che il 24% di tutte le misure di difesa commerciale in vigore nell’UE riguardino prodotti chimici.

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La classifica delle maggiori imprese chimiche mondiali vede una presenza equilibrata di tutte le principali macro-aree. L'Europa conta 4 tra le prime 20 società per una quota complessiva sul fatturato mondiale pari al 2,8%.

L’Italia, pur non avendo imprese chimiche di tali dimensioni, si caratterizza per la presenza di medio-grandi Gruppi a capitale nazionale altamente specializzati che spesso sono leader a livello mondiale o europeo nel loro segmento di mercato.

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La chimica rappresenta un settore di specializzazione dell’industria europea, da sempre caratterizzato da un ampio avanzo commerciale in grado di contribuire al benessere dell’UE e all’equilibrio negli scambi commerciali.

Nel 2024, con 47,3 miliardi, il surplus commerciale ha ripreso ad espandersi anche per effetto della debolezza della domanda industriale europea.

A fronte dell’avanzo della chimica specialistica e di consumo, il saldo della chimica di base si mantiene in territorio negativo. In termini di composizione geografica, il bilancio risulta in disavanzo con l’Asia mentre si conferma in surplus con tutte le altre principali aree.

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Negli ultimi vent’anni la quota di valore della produzione chimica europea sulle vendite globali è diminuita dal 27% al 13%, riflettendo non solo la crescita più lenta del mercato locale, ma anche un deterioramento di competitività. Inoltre, nel corso del 2024, strascichi della crisi energetica e delle difficoltà dell’economia tedesca, così come la debolezza generalizzata della domanda globale, hanno ulteriormente frenato la tendenza in crescita della produzione chimica europea (in valore), dopo il forte rallentamento del 2023.  

La perdita di attrattività europea si riflette sugli investimenti, fattore chiave per assicurare lo sviluppo futuro migliorando contestualmente la produttività e la sostenibilità ambientale. Nell’ultimo decennio la chimica europea ha evidenziato una ripresa, seppur altalenante, degli investimenti; tuttavia, altre aree mondiali mostrano un maggiore dinamismo. Ne risulta una perdita, da parte dell’UE, di 13 punti percentuali nella sua quota di investimenti a livello globale negli ultimi 10 anni.

Come nella produzione, è la Cina il principale polo di attrazione (127 miliardi di euro nel 2024), ma anche il Medio Oriente (incluso nella voce “Altri paesi”) e gli Stati Uniti (25 miliardi) hanno visto un consistente incremento. Ulteriori importanti investimenti si materializzeranno nei prossimi anni, anche in relazione alla transizione ecologica.

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Tra i fattori che penalizzano la competitività europea è particolarmente critico il costo dell’energia e delle materie prime.

L’etilene è il più grande “building block” dell'industria chimica, alla base di molti materiali quali plastica, detergenti e vernici. Dopo la rivoluzione dello shale gas, produrlo in Europa (dove la materia prima è la virgin nafta, un derivato del petrolio) è diventato più costoso non solo rispetto al Medio Oriente, ma anche agli Stati Uniti.

Il divario di costo, ancora oggi superiore alla media pre-pandemia, si è fortemente ampliato a seguito del conflitto in Ucraina che ha comportato in Europa un’escalation dei costi del gas e dell’elettricità.

Sulle decisioni di investimento, oltre al costo dell’energia, in Europa pesa un quadro normativo che genera extra-costi asimmetrici rispetto ai concorrenti.

Normative europee sempre più stringenti impongono nuovi costi incomprimibili agli operatori europei, costi che i concorrenti extraeuropei non affrontano o possono evitare. L'applicazione della legislazione UE ai confini dell'UE manca di coerenza e uniformità. La politica industriale europea appare spesso complessa e meno prevedibile rispetto a quella delle sue controparti, spesso guidata dalla regolamentazione anziché dagli incentivi, mentre altre regioni hanno un approccio più favorevole alle imprese, creando un ambiente per costi operativi più competitivi. 

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Le imprese chimiche sono consapevoli che, per alimentare la competitività del settore e affrontare con successo la transizione ecologica, la ricerca riveste un ruolo essenziale.

L'Europa è tra le regioni leader per spesa in R&S nel settore chimico, classificandosi come il secondo maggiore investitore regionale nel settore chimico (in termini di spesa in R&S in percentuale sul totale delle vendite chimiche), dopo gli USA. Inoltre, gli addetti dedicati alla ricerca sono il 6,3% a fronte di una media manifatturiera pari al 4,2%.

La chimica europea investe in R&S oltre 10 miliardi di euro e, dopo i segnali di ripiegamento mostrati nei due anni precedenti, l’intensità di ricerca nel 2023 ha invertito la rotta con, seppure deboli, indicazioni di crescita. Le nuove frontiere tecnologiche (quali la chimica circolare, le nanotecnologie e le biotecnologie) contribuiranno sempre più a dare nuovo slancio alla ricerca.

Di fatto, l’Europa è pioniera di innovazione nel settore chimico, con circa 6.000 brevetti concessi nel 2024 dall’Ufficio Europeo dei Brevetti e attiva anche all'estero, classificandosi al secondo posto per brevetti chimici concessi negli Stati Uniti nel 2024.

Anche la Cina punta a rafforzare la sua capacità innovativa: le spese di R&S superano i 17 miliardi di euro, ma con un’incidenza sul fatturato decisamente inferiore alla media europea (0,8% contro 1,6%).

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