Tra i fattori che penalizzano la competitività europea è particolarmente critico il costo dell’energia e delle materie prime.
L’etilene è il più grande “building block” dell'industria chimica, alla base di molti materiali quali plastica, detergenti e vernici. Dopo la rivoluzione dello shale gas, produrlo in Europa (dove la materia prima è la virgin nafta, un derivato del petrolio) è diventato più costoso non solo rispetto al Medio Oriente, ma anche agli Stati Uniti.
Il divario di costo si è fortemente ampliato a seguito del conflitto in Ucraina che ha comportato in Europa un’escalation dei costi del gas e, di conseguenza, dell’elettricità.
Sulle decisioni di investimento, oltre al costo dell’energia, in Europa pesa un quadro normativo che genera extra-costi asimmetrici rispetto ai concorrenti.
In presenza di una quota sulle emissioni mondiali già oggi pari solo al 7%, il Green Deal europeo pone obiettivi molto sfidanti (quali la neutralità climatica al 2050) che, se unilaterali, rischiano di danneggiare la competitività e l’occupazione senza benefici sostanziali per l’ambiente. Potrebbe, infatti, comportare importazioni crescenti da aree con minori standard ambientali.