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L'INDUSTRIA CHIMICA IN CIFRE

Dati e analisi per conoscere meglio l'industria chimica

L'obiettivo è rendere disponibili, in modo semplice, le informazioni necessarie per la comprensione delle problematiche dell'industria chimica, del suo ruolo e dei suoi trend evolutivi nel mondo e in Italia. Ogni sezione tratta un argomento specifico accompagnando al testo alcune tavole.

Il ruolo e le sfide per l'industria chimica in Europa

A livello europeo, l’industria chimica è il quarto settore manifatturiero e occupa circa 1,1 milioni di addetti. Considerando l’indotto, si stima che 3,5 milioni di lavoratori in Europa abbiano un impiego collegato alla chimica.

L’industria chimica europea rappresenta un elemento chiave per mantenere una base industriale forte in Europa in quanto fornisce soluzioni tecnologiche innovative a tutti i settori utilizzatori, contribuendo in modo determinante anche alla loro sostenibilità. Per l’Italia questo aspetto è di particolare rilevanza in quanto rappresenta la seconda economia manifatturiera in Europa.

Il Green Deal dovrebbe essere accompagnato da un Industrial Deal dotato di adeguate risorse pubbliche per assicurare che la transizione ambientale proceda di pari passo con la riconversione industriale. La chimica – intesa non solo come settore, ma anche come tecnologia abilitante – dovrebbe essere al centro della nuova politica industriale europea.

 

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L’Italia è il terzo produttore chimico europeo (dopo Germania e Francia) e il dodicesimo a livello mondiale.

L’industria chimica è fortemente interconnessa a livello europeo e per molte imprese attive in Italia l’Europa rappresenta, di fatto, il mercato “domestico”.

La competitività del settore è significativamente condizionata dal sistema normativo (soprattutto in materia di sicurezza, salute e ambiente) e dalla politica energetica, aspetti sui quali il ruolo delle Istituzioni europee è sempre più importante. L’80% della legislazione nazionale – come evidenziato dal Rapporto sul Mercato Unico “Much More than a Market” di Enrico Letta – dipende da decisioni prese nelle sedi istituzionali europee. 

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La classifica delle maggiori imprese chimiche mondiali vede una presenza equilibrata di tutte le principali macro-aree.

L'Europa conta 4 tra le prime 20 società per una quota complessiva sul fatturato mondiale (pari al 3%) superiore rispetto a USA e Cina.

L’Italia, pur non avendo imprese chimiche di tali dimensioni, si caratterizza per la presenza di medio-grandi Gruppi a capitale nazionale altamente specializzati che spesso sono leader a livello mondiale o europeo nel loro segmento di mercato. 

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La chimica rappresenta un settore di specializzazione dell’industria europea, da sempre caratterizzato da un ampio avanzo commerciale in grado di contribuire al benessere dell’UE e all’equilibrio negli scambi commerciali.

L’industria chimica europea è fortemente integrata nel commercio mondiale sia per l’approvvigionamento delle materie prime, sia per la destinazione dei suoi prodotti. Risente, di conseguenza, in modo rilevante delle perturbazioni nelle catene di fornitura e dei divari di competitività.

Nel 2023, con 35,4 miliardi, il surplus commerciale si è attestato su livelli analoghi al 2021, proseguendo la dinamica di contrazione avviata già dal 2017. Il modesto avanzo commerciale realizzato dall’industria chimica europea nel 2022 (3,4 miliardi rispetto ai 35,5 miliardi dell’anno precedente) è il risultato della crisi energetica che ha colpito soprattutto l’Europa con la conseguente fermata di alcune produzioni più energivore.

A fronte della tenuta complessiva della chimica specialistica e di consumo, il saldo della chimica di base si mantiene in territorio negativo. In termini di composizione geografica, il bilancio risulta in disavanzo con l’Asia mentre si conferma in surplus con tutte le altre principali aree.

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Negli ultimi vent’anni la quota di valore della produzione chimica europea sulle vendite globali è diminuita dal 28% al 13%, riflettendo non solo la crescita più lenta del mercato locale, ma anche un deterioramento di competitività. Inoltre, nel corso del 2023, la crisi energetica, le difficoltà dell’economia tedesca e la debolezza generalizzata della domanda globale hanno arrestato la tendenza in crescita della produzione chimica europea (in valore).

La competitività europea è a rischio soprattutto nei settori di base, più sensibili ai costi energetici e ai vincoli di sistema.

La perdita di attrattività europea si riflette sugli investimenti, fattore chiave per assicurare lo sviluppo futuro migliorando contestualmente la produttività e la sostenibilità ambientale. Nell’ultimo decennio la chimica europea ha evidenziato una ripresa degli investimenti; tuttavia, altre aree mondiali mostrano un maggiore dinamismo. Come nella produzione, è la Cina il principale polo di attrazione (125 miliardi di euro nel 2023), ma anche il Medio Oriente (incluso nella voce “Altri paesi”) e gli Stati Uniti (24 miliardi) hanno visto un consistente incremento. Ulteriori importanti investimenti si materializzeranno nei prossimi anni, anche in relazione alla transizione ecologica.

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Tra i fattori che penalizzano la competitività europea è particolarmente critico il costo dell’energia e delle materie prime.

L’etilene è il più grande “building block” dell'industria chimica, alla base di molti materiali quali plastica, detergenti e vernici. Dopo la rivoluzione dello shale gas, produrlo in Europa (dove la materia prima è la virgin nafta, un derivato del petrolio) è diventato più costoso non solo rispetto al Medio Oriente, ma anche agli Stati Uniti.

Il divario di costo si è fortemente ampliato a seguito del conflitto in Ucraina che ha comportato in Europa un’escalation dei costi del gas e, di conseguenza, dell’elettricità.

Sulle decisioni di investimento, oltre al costo dell’energia, in Europa pesa un quadro normativo che genera extra-costi asimmetrici rispetto ai concorrenti.

In presenza di una quota sulle emissioni mondiali già oggi pari solo al 7%, il Green Deal europeo pone obiettivi molto sfidanti (quali la neutralità climatica al 2050) che, se unilaterali, rischiano di danneggiare la competitività e l’occupazione senza benefici sostanziali per l’ambiente. Potrebbe, infatti, comportare importazioni crescenti da aree con minori standard ambientali.

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L’industria chimica è un settore ad alta intensità di ricerca: a livello europeo, gli addetti dedicati sono il 6,3% a fronte di una media manifatturiera pari al 4,2%.

Le imprese chimiche sono consapevoli che, per alimentare la competitività del settore e affrontare con successo la transizione ecologica, la ricerca riveste un ruolo essenziale.

La chimica europea investe in R&S oltre 10 miliardi di euro e, dopo i segnali di ripiegamento segnalati nei due anni precedenti, l’intensità di ricerca nel 2023 ha invertito la rotta con, seppure deboli, indicazioni di crescita. Le nuove frontiere tecnologiche (quali la chimica circolare, le nanotecnologie e le biotecnologie) contribuiranno sempre più a dare nuovo slancio alla ricerca. Per esprimere a pieno questo potenziale di sviluppo, il quadro normativo europeo non deve alimentare l’incertezza o penalizzare possibili soluzioni tecnologiche.

Anche la Cina punta a rafforzare la sua capacità innovativa: le spese di R&S superano i 15 miliardi di euro, con un’incidenza sul fatturato decisamente inferiore alla media europea (0,68% contro 1,6%).

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