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L'INDUSTRIA CHIMICA IN CIFRE

Dati e analisi per conoscere meglio l'industria chimica

L'obiettivo è rendere disponibili, in modo semplice, le informazioni necessarie per la comprensione delle problematiche dell'industria chimica, del suo ruolo e dei suoi trend evolutivi nel mondo e in Italia. Ogni sezione tratta un argomento specifico accompagnando al testo alcune tavole.

L'insostenibile costo dell'energia e le arretratezze infrastrutturali


La chimica è un settore energivoro in quanto trasforma la materia per ottenere sostanze e prodotti indispensabili per ogni attività. E’ il primo settore industriale per consumo di gas naturale e il secondo, tra i settori energivori, per consumo di energia elettrica.

Dal 1990 l’industria chimica, oltre ad avere fortemente ridotto i consumi finali di energia (-50%), ha re-impiegato il calore invece di disperderlo e notevolmente incrementato il ricorso alla fonte fossile più sostenibile (gas naturale). Pur puntando a ricorrere sempre più alle fonti rinnovabili, rimangono prevalenti quelle fossili.

Per l’industria chimica, i combustibili fossili (petrolio e gas naturale) non sono solo una fonte energetica, ma anche una materia prima e la loro integrale sostituzione, sulla base delle tecnologie attuali, non è realizzabile. La disponibilità a costi accessibili delle fonti fossili è oggi un fattore di competitività imprescindibile.

Il settore chimico ha già avviato le prime bio-raffinerie per la produzione di bio-diesel e bio-etanolo ed è l’unico, insieme alle raffinerie petrolifere, a produrre l’idrogeno necessario a  soddisfare l'attuale domanda nazionale pari a circa 500 kt all’anno. Il contributo del settore chimico supera le 150 kt (70% da steam reforming del metano per la produzione di ammoniaca, 25% dai processi di steam cracking nella petrolchimica e dalla produzione di stirene, 5% dalla produzione di cloro-soda).


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Prima del conflitto in Ucraina, il costo dell’energia - considerando anche l’impiego come materia prima - aveva un’incidenza sul valore della produzione pari al 14%, la più elevata nel panorama industriale e con punte ben più alte in alcune produzioni (quali gas tecnici, fertilizzanti, fibre, abrasivi, colorifici ceramici oltre a molteplici sostanze della chimica di base come ammoniaca, acido solforico e cloro soda).

L’elevato peso del costo dell’energia evidenzia il forte impatto negativo in termini di competitività che un divario di costo dell’energia rispetto agli altri Paesi provoca nell’industria chimica in Italia.

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Dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, in Europa il prezzo del gas ha subito rincari senza precedenti e, pur essendo rientrato dai picchi del 2022, rimane su livelli ampiamente superiori a quelli USA (più che quadrupli nel primo semestre 2024) in quanto una parte consistente delle importazioni di gas via pipeline è stata sostituita da GNL a prezzi spot.

Per i clienti industriali italiani, il divario di costo dell’elettricità si è ampliato anche rispetto agli altri principali Paesi europei. Il prezzo dell’elettricità ha subito forti rincari a causa di un meccanismo di formazione dei prezzi che tende a dipendere dal gas più che riflettere le tecnologie e i costi di produzione delle diverse fonti. In Italia la quota di utilizzo del gas supera il 40% rispetto ad una media UE del 20% ma il gas determina il prezzo dell’elettricità per oltre l’80% delle ore a fronte di una media UE del 63% (fonte: Commissione UE, anno 2023).

Al fine di contrastare asimmetrie competitive anche nei confronti dei concorrenti europei, è necessario garantire un mercato unico europeo dell’elettricità e rivedere i regimi di sostegno agli impianti di cogenerazione per consentire di utilizzare i green gas. Oltre ad accelerare lo sviluppo delle rinnovabili anche a fini di autoproduzione, occorre potenziare l’utilizzo delle risorse nazionali di gas e intraprendere la strada del nucleare di quarta generazione in grado di assicurare all’industria chimica energia a zero emissioni in modo stabile, a costi competitivi e meno soggetti a volatilità. 


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L’accelerazione verso gli obiettivi di decarbonizzazione ha comportato l’escalation del costo dei permessi per le emissioni di CO2 – nell’ambito del sistema europeo ETS (Emission Trading Scheme) – passato dai 5 euro del 2016 ai 64 del primo semestre 2024. I costi diretti per la componente più energivora della chimica sono pari a 278 milioni di euro, ma ancora più rilevante e diffuso è il costo indiretto, legato agli acquisti di elettricità. Nel complesso – tra costi diretti e indiretti per le emissioni di CO2 – l’industria chimica in Italia versa in un anno oltre 600 milioni di euro, un onere prossimo a tutte le spese di R&S del settore che non grava sui produttori extra-UE.

Questo extra-costo è destinato ad ampliarsi: in uno scenario al 2030 – caratterizzato da una riduzione programmata delle quote gratuite del 27% e da una previsione per il prezzo della CO2 pari a 150€ a tonnellata – il costo complessivo risulterebbe più che doppio arrivando a superare 1,5 miliardi di euro.

Il divario italiano nei costi dell’elettricità risulta amplificato se si tiene conto della compensazione dei maggiori costi indiretti dell’elettricità connessi al costo dei permessi per le emissioni di CO2, praticata da tempo da tutti i principali Paesi europei. In Italia tale compensazione risulta solo parziale e andrebbe elevata al 75% ammesso dalla normativa; più in generale, i proventi dei permessi per le emissioni di CO2 andrebbero destinati a progetti di decarbonizzazione.

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La chimica è particolarmente sensibile all’alto costo dell’energia in Italia in quanto, più di altri settori, unisce un’elevata intensità energetica ad una forte esposizione alla concorrenza internazionale.

In effetti, il divario nei costi energetici è il più grave fattore di potenziale delocalizzazione delle produzioni chimiche italiane, non solo verso aree lontane e a basso costo, ma anche verso gli USA e gli altri Paesi europei.

Anche la logistica è una componente strategica per l’industria chimica, che trasporta ogni anno oltre 50 milioni di tonnellate di prodotti con un’incidenza di costo sul fatturato intorno al 9%. A causa di arretratezze infrastrutturali mai colmate, il costo della logistica in Italia è di oltre il 25% superiore a quello degli altri maggiori Paesi europei. Questo comporta una forte penalizzazione della competitività delle imprese italiane a livello internazionale.

Gli investimenti relativi al trasporto ferroviario e intermodale sono la chiave di volta per migliorare la logistica dell’industria chimica, anche in un’ottica di sostenibilità e riduzione delle emissioni di CO2.

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