Sostenibilità ed economia circolare

DAL GREEN DEAL AL CLEAN INDUSTRIAL DEAL

Il Parlamento europeo, lo scorso 18 luglio, ha votato a maggioranza la rielezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea per il mandato 2024-2029.

Durante il suo discorso introduttivo la Presidente Von der Leyen ha annunciato il nuovo piano per la prosperità e la competitività sostenibili dell’Europa. In particolare, il piano prevede l’avvio del nuovo “Clean Industrial Deal”, da adottare nei primi cento giorni del mandato, e finalizzato a rendere le imprese sempre più competitive e a creare posti di lavoro di qualità, mantenendo sempre la rotta verso gli obiettivi fissati nel Green Deal.

L’economia circolare continuerà a essere al centro delle politiche di sviluppo, a livello europeo e nazionale, rappresentando un nuovo modello di business orientato al miglioramento ambientale, alla decarbonizzazione e alla riduzione della dipendenza da risorse e materie prime provenienti da Paesi extra UE.

È nell’ottica della continuità di azione che caratterizzerà il prossimo futuro che vanno analizzate, interpretate e comprese le iniziative legislative approvate, o in fase di approvazione da parte dell’Unione europea, all’interno del Piano di azione sull’economia circolare (parte integrante del Green Deal), quali ad esempio il Regolamento per la definizione dei requisiti di progettazione ecocompatibili per prodotti sostenibili e la proposta di Direttiva sui Green Claims.

La transizione sostenibile richiederà massicci investimenti pubblici e, soprattutto, una sempre maggiore allocazione dei capitali privati verso interventi a favore del clima e dell’ambiente, evitando allo stesso tempo la dipendenza da pratiche insostenibili.

In questo contesto, le imprese saranno sempre più obbligate ad allineare le proprie attività ai criteri del Regolamento sulla Tassonomia e a una rendicontazione societaria trasparente di sostenibilità.



ECONOMIA CIRCOLARE: LA NUOVA FRONTIERA DEI PRODOTTI SOSTENIBILI

Il Piano d’azione sull’economia circolare, pubblicato a marzo 2020, e i due successivi Pacchetti sull’economia circolare prevedono numerose iniziative legislative e di policy, per favorire la transizione dell’UE verso modelli di produzione e consumo circolari.

Si tratta di un quadro di riferimento particolarmente olistico e interrelato che contempla diversi ambiti normativi, illustrati anche in altri capitoli di questo Rapporto.

PROGETTAZIONE ECOCOMPATIBILE E REGOLAMENTO ECODESIGN

Il 13 giugno 2024 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il Regolamento (UE) 2024/1781 “Ecodesign Sustainable Product Regulation (ESPR)”.

Il Regolamento sostituisce la cosiddetta Direttiva Ecodesign, ampliandone il campo di applicazione e istituisce un quadro per la definizione di requisiti di progettazione ecocompatibile, che i prodotti devono rispettare per essere immessi sul mercato o messi in servizio, al fine di migliorarne la sostenibilità ambientale, ridurne l'impronta di carbonio e quella ambientale durante l’intero ciclo di vita, facendo in modo che i prodotti sostenibili diventino la norma e assicurandone la libera circolazione nel mercato interno.
Il Regolamento, inoltre, introduce il passaporto digitale di prodotto (DPP – Digital Product Passport), dispone la definizione di requisiti obbligatori per gli appalti pubblici verdi e stabilisce un quadro per evitare la distruzione dei prodotti di consumo invenduti.

Il Regolamento ESPR si applica a qualsiasi bene fisico immesso sul mercato o messo in servizio, compresi i componenti e i prodotti intermedi, ad eccezione delle esclusioni previste, quali alimenti, mangimi, medicinali e medicinali veterinari, piante, animali vivi e microrganismi vivi, prodotti di origine umana, prodotti di origine vegetale e animale direttamente collegati alla loro futura riproduzione, e veicoli ove vi siano dei requisiti europei già definiti.

La Commissione europea definirà tramite Atti Delegati per gruppi di prodotto i requisiti di progettazione ecocompatibile per migliorare gli aspetti di prodotto pertinenti, prevedendo requisiti di prestazione e obblighi di informazione (inclusa la predisposizione del relativo DPP).Gli aspetti di prodotto considerati dal Regolamento sono: durabilità, affidabilità, riutilizzabilità, possibilità di miglioramento, riparabilità, possibilità di manutenzione e ricondizionamento, presenza di sostanze che destano preoccupazione, consumo di energia ed efficienza energetica, uso dell'acqua ed efficienza idrica, uso di risorse ed efficienza delle risorse, contenuto di riciclato, possibilità di rifabbricazione, riciclabilità, possibilità di recupero dei materiali, impatti ambientali, comprese l'impronta di carbonio e l'impronta ambientale, produzione prevista di rifiuti.

La Commissione europea avrà nove mesi di tempo per adottare il primo piano di lavoro per definire i gruppi di prodotti prioritari, partendo dall’elenco presente all’Art.18 del Regolamento stesso: ferro, acciaio, alluminio, tessili (in particolare, abbigliamento e calzature), mobili (compresi i materassi), pneumatici, detersivi, vernici, lubrificanti, sostanze chimiche, prodotti energetici, prodotti ICT e altri dispositivi elettronici.

Substances of Concern
Tra gli aspetti di prodotto, il tema della presenza di “sostanze che destano preoccupazione” (SoC – Substances of Concern) è di particolare interesse per le imprese chimiche. Il Regolamento introduce una definizione molto ampia di SoC, che comporterà un onere molto significativo per le imprese. La presenza di sostanze nei prodotti non potrà essere limitata per motivi principalmente legati alla sicurezza chimica. Tuttavia, e se del caso, i requisiti di prestazione dovranno essere definiti al fine di ridurre anche i rischi significativi per la salute umana e l’ambiente.

Gli obblighi di informazione richiedono di tracciare le sostanze che destano preoccupazione durante tutto il ciclo di vita del prodotto. La Commissione potrà fissare soglie per l'applicazione dell'obbligo di informazione relativo alle SoC a seconda del gruppo di prodotti interessato.
Inoltre, la Commissione potrà prevedere esenzioni debitamente giustificate agli obblighi di informazione per queste sostanze, in base alla fattibilità tecnica o alla pertinenza del tracciamento, all'esistenza di metodi analitici per rilevarle e quantificarle, alla necessità di proteggere informazioni commerciali riservate e in altri casi debitamente giustificati.

Passaporto digitale
Gli obblighi di informazione prevedono che i prodotti possano essere immessi sul mercato o messi in servizio solo se è disponibile un DPP conformemente agli Atti Delegati (Art. 9). Il passaporto digitale è collegato a degli identificatori univoci di prodotto, di operatore e di sito, a loro volta collegati a un identificatore univoco di registrazione, che permette di raccogliere tutti i dati in un registro, consultabile dai sistemi doganali nazionali.

Per l’elaborazione degli Atti Delegati è previsto un organismo consultivo stabilito dalla Commissione europea (Forum Ecodesign), composto da rappresentanti degli Stati membri e di tutte le parti interessate al prodotto o al gruppo di prodotti. All’interno del Forum sarà anche costituito un gruppo di lavoro di esperti dei soli Stati membri.

L’implementazione del Regolamento verrà avviata con l’adozione del primo piano di lavoro da parte della Commissione europea (entro 19 aprile 2025). L’entrata in vigore dei primi requisiti di prodotto è prevista tra il 2027 e il 2028).

Federchimica si è già attivata con le Autorità competenti nazionali, Confindustria e le Associazioni europee di riferimento dei settori interessati per seguire l’evoluzione della stesura degli Atti Delegati.

DIRETTIVA GREEN WASHING E PROPOSTA DI DIRETTIVA GREEN CLAIMS

La Commissione ha proposto l'aggiornamento della normativa dell'Unione in materia di consumatori, per garantire che siano tutelati e per responsabilizzarli affinché contribuiscano attivamente alla transizione verde.

Più precisamente è stato stabilito l'impegno a contrastare la problematica delle asserzioni ambientali false, per permettere ai consumatori di ricevere informazioni attendibili, comparabili e verificabili, e di prendere decisioni più sostenibili e ridurre il rischio di un marketing ambientale fuorviante (greenwashing).

La necessità di far fronte al greenwashing è una priorità sia nel nuovo piano d'azione per l'economia circolare sia nella nuova agenda dei consumatori.

Due sono le iniziative legislative promulgate per raggiungere questo obiettivo:

  • la Direttiva (UE) 2024/825 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 febbraio 2024 che modifica le Direttive 2005/29/CE e 2011/83/UE per quanto riguarda la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell’informazione (c.d. Direttiva Greenwashing);
  • la proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'attestazione e sulla comunicazione delle asserzioni ambientali esplicite (c.d. Direttiva Green Claims).

La prima introduce norme specifiche volte a contrastare le pratiche commerciali sleali che ingannano i consumatori e impediscono loro di compiere scelte di consumo sostenibili, quali le pratiche associate all’obsolescenza precoce dei beni, le asserzioni ambientali ingannevoli, le informazioni ingannevoli sulle caratteristiche sociali dei prodotti o delle imprese degli operatori economici o i marchi di sostenibilità non trasparenti e non credibili. Ciò implica che gli operatori economici che si rivolgono direttamente al consumatore hanno la responsabilità di fornire informazioni chiare, pertinenti e affidabili.

La proposta di Direttiva Green Claims intende invece:

  • assicurare che le affermazioni ambientali siano fondate su informazioni affidabili, comparabili e verificabili, richiedendo una verifica basata su criteri stabiliti;
  • definire dei criteri per limitare la proliferazione delle etichette ambientali e per evitare la conseguente confusione dei consumatori;
  • garantire che le informazioni comprovanti le affermazioni ambientali siano pubbliche;
  • raggiungere la chiarezza sulle regole per le affermazioni ambientali nel mercato interno e per verificarle attraverso organismi di certificazione di terza parte accreditati;
  • definire regole chiare per gli Stati membri per implementare la sorveglianza e l’esecuzione.

Federchimica sta seguendo attivamente e con attenzione l’evoluzione della proposta di Direttiva, in particolare per quanto riguarda il possibile divieto di utilizzare asserzioni ambientali per prodotti contenenti sostanze pericolose. Se questo aspetto dovesse essere mantenuto potrebbe, non solo andare a impattare gli aspetti di mercato, ma anche limitare l’innovazione nei prodotti. La proposta di Direttiva è in fase di trilogo nel momento in cui si scrive, la sua adozione è prevista entro il primo semestre del 2025.

SUPPORTARE LE IMPRESE ASSOCIATE NELLA CORRETTA MISURAZIONE DELLA CIRCOLARITÀ DELLA PROPRIA ORGANIZZAZIONE

La misurazione della circolarità rappresenta un requisito imprescindibile per l’attuazione del percorso di transizione da un modello economico “take-make-dispose” verso un modello avente come paradigma di riferimento quello dell’economia circolare. Si fonda sul monitoraggio di aspetti fisici, economici e sociali dei sistemi, di volta in volta presi ad esame, al fine di acquisire informazioni utili a identificare gli ambiti di miglioramento e stabilire nuove priorità.

Una corretta misurazione della circolarità delle organizzazioni è fondamentale per generare dati significativi, omogenei e attendibili, utili per ottenere un effettivo miglioramento delle prestazioni. Per supportare le imprese associate in questo processo, Federchimica, in collaborazione con Certiquality e ERGO – Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha sviluppato COACH (Circularity-Oriented Assistance for CHemical companies), uno strumento dedicato all’industria chimica. COACH è stato testato grazie alla collaborazione di 14 imprese che lo hanno applicato in modo sperimentale.

AVISA, l’Associazione dei produttori di pitture e vernici, adesivi e inchiostri da stampa, ha contestualmente realizzato COACH-AVISA, il tool personalizzato per le imprese del settore. COACH, consente di rendere i princìpi, le indicazioni e le linee guida dell’economia circolare operativi e applicabili all’interno delle organizzazioni aziendali. COACH è strutturato in sei sezioni relative alle diverse fasi della filiera produttiva: approvvigionamento, design, produzione, logistica, utilizzo del prodotto e gestione dei rifiuti.

Attraverso una serie di domande qualitative e quantitative consente di:

  • misurare il livello di circolarità dell’organizzazione;
  • analizzare i punti di forza e debolezza;
  • individuare possibili opportunità di miglioramento della circolarità.

Gli indicatori utilizzati all’interno del tool integrano i principali modelli di misurazione già sviluppati, ossia, UNI/TS 11820 e ISO 59020. Federchimica intende aggiornare lo strumento, prevedendo anche algoritmi di allineamento con le ISO 59020 recentemente pubblicate.
COACH, disponibile anche in lingua inglese, è gratuito per le imprese associate a Federchimica e si inserisce all’interno di un piano di supporto che prevede anche attività di accompagnamento, coaching e networking.



LA RENDICONTAZIONE DI SOSTENIBILITÀ E LA TASSONOMIA

Il Decreto Legislativo n. 125 del 6 settembre 2024 ha recepito nell’ordinamento italiano la Direttiva europea 2022/2464 sulla rendicontazione di sostenibilità delle imprese (CSRD).
La Direttiva estende il campo di applicazione della precedente Direttiva 2014/95/UE sulla rendicontazione delle informazioni di carattere non finanziario (NFRD) sia nei contenuti della rendicontazione, sia in termini di imprese coinvolte, introducendo al contempo obblighi di trasparenza più dettagliati.

Si stima che, tra il 2025 e il 2029, circa 50.000 imprese operanti in Europa dovranno adempiere alla normativa e in particolare dal 1 gennaio 2026, le grandi imprese, successivamente (1 gennaio 2027) le PMI e dal 1 gennaio 2029, le imprese non europee.

Gli standard europei di rendicontazione della sostenibilità (ESRS) adottati il 22 dicembre 2023 con Regolamento Delegato (UE) 2023-2772, stabiliscono le modalità con le quali le imprese dovranno raccogliere, rendicontare e divulgare regolarmente informazioni relative all’impatto sociale e ambientale e ai relativi rischi di sostenibilità a cui sono esposte.

Gli standard sono dodici:

  • due standard trasversali, che riportano principi generali e strategici relativi alle modalità di rendicontazione;
  • cinque standard ambientali (cambiamenti climatici, inquinamento, acqua e risorse marine, biodiversità ed ecosistemi, uso delle risorse ed economia circolare);
  • quattro standard sociali (forza lavoro propria, lavoratori nella catena del valore);
  • uno standard di governance (condotta d’impresa).

La rendicontazione di sostenibilità sarà equiparata a quella finanziaria permettendo agli investitori di disporre di dati comparabili e attendibili e sarà parte integrante della relazione di gestione del bilancio d’esercizio. Le imprese saranno soggette a controlli e certificazioni indipendenti.

In definitiva, la CSRD richiede alle imprese di descrivere il proprio sistema di governance, la propria strategia e i propri obiettivi secondo una metrica definita per illustrare il proprio impatto attuale, ma anche quello futuro (ad esempio al 2030), individuando chiaramente rischi e opportunità di natura economica e finanziaria derivanti da quanto le proprie attività possano considerarsi più o meno sostenibili.

La Tassonomia è strumento di classificazione delle attività economiche che trovano posto in un’economia priva d’impatti sull’ambiente, finalizzato ad aiutare investitori, aziende, emittenti di titoli e promotori di progetti verso la transizione ecologica.

La Tassonomia consente, quindi, di identificare le attività economiche, svolte entro determinati criteri tecnici stabiliti su base scientifica e contenuti in Atti Delegati dell’Unione europea. Questi criteri contribuiscono a conseguire sei obiettivi ambientali:

  1. mitigazione dei cambiamenti climatici;
  2. adattamento ai cambiamenti climatici;
  3. protezione delle acque e delle risorse marine;
  4. transizione verso l’economia circolare;
  5. prevenzione e controllo inquinamento;
  6. protezione della biodiversità e degli ecosistemi.

Un’attività economica è considerata sostenibile quando:

  • contribuisce sostanzialmente al raggiungimento di uno dei sei obiettivi ambientali;
  • non arreca danni significativi a ciascuno degli altri cinque obiettivi (principio DNSH – Do Not Significant Harm);
  • rispetta standard minimi di condizioni di lavoro (ILO – International Labour Organization).

Le imprese che ricadono nell’obbligo di rendicontazione societaria di sostenibilità dovranno indicare anche quali e quante attività sono elegibili secondo la Tassonomia e la quota di essere in termini di fatturato, CAPEX e OPEX, che è allineata ai relativi criteri di sostenibilità.



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